Colleghi e amici, quando per caso vengono a sapere Il filosofo francese Michel Serres, nel libro dal titolo Hergé mon amì (pubblicato per la prima volta nel 2000), aveva raccolto una serie di suoi scritti dedicati all’autore del famoso fumetto belga Tintin. Serres, nelle diverse riflessioni che ha messo assieme negli anni, ha sempre ricordato con affetto il ruolo fondante che la lettura di Tintin e dei suoi viaggi per il mondo ha avuto per la crescita della sua curiosità intellettuale di bambino prima e di studioso poi. Anche in Italia abbiamo avuto intellettuali legati al campo dell’indagine filosofica che hanno, più volte, rimarcato il loro debito verso la lettura di fumetti. Il più noto è certamente Umberto Eco, il quale in qualche modo nobilitò l’arte del racconto a fumetti sia nell’analisi che ne fece nel noto saggio Apocalittici e integrati (1964) che con il suo coinvolgimento diretto nella ideazione e pubblicazione del celebre mensile Linus. Per venire a tempi più recenti, si può ricordare anche la figura di Giulio Giorello, filosofo della scienza, che nel corso della sua carriera più volte ha ricordato la sua passione verso il mondo delle nuvole di fumo. Insomma, numerosi sono i legami tra i comics e la filosofia; e, per tediarvi ancora con qualche esempio, non posso non citare la Storia della filosofia a fumetti di Richard Osborne (1992). Tutto questo solo per parlare, dopo qualche mese di inattività di questo blog, di un’attività didattica che ho svolto con la mia classe terza proprio sul binomio filosofia e fumetti. Benché io non sia un insegnante di filosofia, ho da quest’anno però la fortuna, si fa per dire, di insegnare latino, una disciplina che, - destinata all’irrilevanza o forse alla scomparsa futura per il persistere di quell’approccio normativo-retorico che uno dei più grandi filologi classici del Novecento, Giorgio Pasquali, bollava per altra situazione come coniunctivitis professoria - , consente all’insegnante di creare percorsi davvero infiniti di apprendimento. Ad esempio, si può partire dalla lettura, per gran parte in traduzione italiana, di alcuni passi del trattato De Amicitia di Cicerone con il confronto con passi analoghi presenti nell’Etica Nicomachea di Aristotele e, per venire alla filosofia moderna, di Immanuel Kant e le sue Lezioni di Etica. Leggendo e confrontando quanto filosofi dell’antichità e moderni hanno scritto sull’amicizia, lo studente si rende facilmente conto che il mondo del pensiero filosofico è un sistema somigliante ad una casa che vive sulle fondamenta e sui resti di strutture precedenti ed ha il bisogno continuo di essere fatta e disfatta (l’immagine non è mia, ma l’ho presa in prestito da Benedetto Croce) Sulla base di queste letture, abbiamo lavorato per gruppi di apprendimento alla costruzione di un soggetto con protagonisti i tre filosofi. La consegna che avevo dato ai miei studenti era quella di immaginare una situazione in cui Cicerone, Aristotele e Kant baccagliassero tra di loro sul tema dell’amicizia. Il modello fumettistico a cui dovevano ispirarsi era quello molto divertente e riuscito degli Existential Comics. Così, assegnato a ciascun membro del gruppo, uno dei tre filosofi, abbiamo prima caratterizzato il personaggio (aspetto, carattere, massime filosofiche sul tema ecc.), per poi vedere come far interagire i tre personaggi nella scrittura della sceneggiatura ed infine lavorare sul software Pixton per la creazione vera e propria dei fumetti.
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Qualche giorno fa ho letto un articolo di recensione di un volume, da poco edito in Italia, in cui vengono raccolti i disegni di Kafka. Il famoso scrittore praghese ha lasciato infatti nei suoi taccuini una serie numerosa di scarabocchi (come li definiva egli stesso, accomunando in questo giudizio impietoso anche i suoi romanzi e racconti), in cui egli dà forma a stati d’animo, osservazioni di scene di vita reale o illustrazioni a margine di appunti universitari. Di questa sua passione ho ritrovato traccia nella stravagante biografia che gli ha dedicato qualche anno fa Rainer Stach, in cui un capitolo iniziale è dedicato appunto all’autodefinitosi “gran disegnatore", il cui talento si guastò più tardi a seguito della nefasta influenza di una “pittrice mediocre”. Kafka non è il solo ad aver scarabocchiato. Il catalogo è lungo. Lo testimonia un interessante approfondimento che si trova online sugli scarabocchi degli scrittori. In un momento di noia o di pura divagazione, molti di essi incidevano a margine o a contorno di una lettera o di un block note immagini, frasi o vere e proprie illustrazioni del testo (vedere ad esempio la bellissima coppia abbracciata in un tango di Jorge Luis Borges). Ho pensato che non molto diversamente devono comportarsi quegli studenti che ogni tanto pesco in classe a riempire di ghirigori e disegni il loro quaderno degli appunti. Proprio recentemente mi sono soffermato a parlarne con uno di loro. Posta davanti all'obiezione che procedendo in tal modo rischiava di perdere tempo prezioso, la mia allieva mi ha giustamente fatto notare che disegnare gli appunti è il modo migliore che ha per trattenere nella memoria quanto appreso durante la lezione. Non diverse sembrano essere le conclusioni cui è giunta l'indagine per gruppi di controllo The Surprisingly Powerful Influence of Drawing on Memory, pubblicata nel 2018 da tre ricercatori specializzati nell’ambito delle neuroscienze dell’apprendimento. Dalla sintesi animata che ne ha fatto Edutopia sul suo canale Youtube qualche tempo fa (vedi supra), la pratica del prendere nota con disegni, grafici o altre immagini appare proficua in quanto in grado di integrare il linguaggio verbale e quello iconico, assieme a quello del tatto (non a caso, nell'introduzione alla loro indagine gli autori si richiamano alla dual-coding theory di Allan Paivio). La mia esperienza di insegnante della disciplina Geography IGCSE (una disciplina basata sul programma internazionale elaborato dall'Università di Cambridge) mi ha reso evidente i benefici che provengono dall'apprendere processi o concetti attraverso il disegno. Lo sperimento continuamente quando chiedo ai miei studenti di disegnare i processi che determinano alcuni fenomeni geografici (movimento di placche tettoniche o erosioni della costa marina, ad esempio) proprio al fine di comprendere i processi e memorizzare i termini specifici dei fenomeni. Si tratta di una richiesta, in fin dei conti, abbastanza comune in Inghilterra (come sa chiunque abbia viaggiato in quel Paese, dove è facile imbattersi nei musei naturali o negli orti botanici davanti a bambini e adolescenti chini sui loro sketchbook), ma che appare strana da noi soprattutto nella secondaria superiore, dove si considera il disegnare un'attività infantile o tutt'al più relegata ad ambiti di studio specialistici. (Di seguito alcuni "appunti" di miei studenti su fenomeni geografici studiati in classe). Sul mio canale Youtube ho pubblicato due nuovi tutorial utili per attività di indagine e verifica dell'affidabilità delle fonti online. Il primo mostra come affinare la ricerca di informazioni con il browser Chrome: ad esempio, come si esclude dalla ricerca una determinata parola o tema oppure come si cerca una specifica frase all'interno di siti web. Nell'altro tutorial, invece, si mostra come fare una cosiddetta ricerca inversa di immagini: un'azione che può essere utili quando si cerca l'origine di un'immagine dubbia o "in odore di" bufala. Quando si parla di fake news o post-verità riesce facile a molti individuare le cause che spiegano perché alcune persone vengono gabbate dalla disinformazione che circola per il web. Si tirano in ballo, in questi casi, i “pregiudizi di conferma” (bias of confirmation), l’analfabetismo funzionale, il pensiero magico e via di questo passo, spesso nella credenza che siano gli “incolti” a cedere alla disinformazione, mentre in realtà a cadere vittima di questi tranelli potrebbe essere ciascuno di noi (come confermato, in Italia, da un'indagine Demos del 2017). Ma cosa accade se, invece di inquadrare le manchevolezze dei consumatori di disinformazione online, si prova a guardare all’opposto a quelli che non si lasciano menare per il naso, cioè a chi sa valutare correttamente la fondatezza di un’informazione trovata online?
Proprio nell’intento di tracciare il profilo di questi “competenti del web”, nel 2017 l’università di Stanford ha condotto un’indagine basata sull'analisi di tre gruppi di controllo, così costituiti:
In questi giorni anche i media italiani stanno rilanciando una polemica che anima parte dell'opinione pubblica francese e che vede al centro i festeggiamenti per il bicentenario della morte di Napoleone (5 maggio 2021). Salutato inizialmente come "liberatore di popoli" (Foscolo) da molti intellettuali dell'Ottocento, delusi poi in parte dalle sue scelte politiche successive, per non parlare poi della cattiva luce che su di lui riverberò la grande epopea di Guerra e Pace, oggi l'uom fatale (Manzoni) sembra al centro di una delle tante polemiche che vanno sotto l'etichetta della cosiddetta cancel culture: da un lato l'accusa di essere un "sessista, misogino, razzista e schiavista", che viene da alcuni esponenti di movimenti francesi che si richiamano al Black Lives Matter statunitense, dall'altro la destra patriottica che ne fa un baluardo della tradizione identitaria francese. Nulla comunque che possa rimandare alla vera riflessione e indagine storica, la quale dovrebbe rifuggire da questi tentativi di appiattire sul presente la propria complessità, pur nella consapevolezza che l'indagine del passato è sempre una forma di "storia contemporanea" (Croce). Di questa complessità del personaggio, ho cercato di dar conto qualche anno fa in classe, preparando un'attività di indagine storica che consentisse ai miei studenti di capire come, già al suo tempo, Napoleone potesse esser visto in modo diverso a seconda dei punti di vista, quelli delle diverse classi sociali del suo tempo. L'idea è stata sviluppata sulla base di un webquest che avevo trovato online al link: www.pbs.org/empires/napoleon/home.html Qui gli studenti hanno trovato in lingua inglese le fonti su cui sviluppare la propria ricerca, con il fine di mettere in scena una sorta di "tribunale della storia", il cui obiettivo era quello di rispondere alla domanda dal tono spiritoso "Napoleone fu un eroe o un furfante?". Come vedrete, dalla messa in scena che ne è venuta fuori in questo video finale, la risposta non è affatto semplice. |
BENVENUTI!Mi chiamo Eros Grossi. Dal 2004 sono un insegnante di Lettere presso i licei di Roma e provincia. Questo è il mio blog: nato per condividere fuori dall'aula il lavoro che svolgo tutti i giorni in classe. Archivi
Ottobre 2022
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