Quando si parla di fake news o post-verità riesce facile a molti individuare le cause che spiegano perché alcune persone vengono gabbate dalla disinformazione che circola per il web. Si tirano in ballo, in questi casi, i “pregiudizi di conferma” (bias of confirmation), l’analfabetismo funzionale, il pensiero magico e via di questo passo, spesso nella credenza che siano gli “incolti” a cedere alla disinformazione, mentre in realtà a cadere vittima di questi tranelli potrebbe essere ciascuno di noi (come confermato, in Italia, da un'indagine Demos del 2017). Ma cosa accade se, invece di inquadrare le manchevolezze dei consumatori di disinformazione online, si prova a guardare all’opposto a quelli che non si lasciano menare per il naso, cioè a chi sa valutare correttamente la fondatezza di un’informazione trovata online? Proprio nell’intento di tracciare il profilo di questi “competenti del web”, nel 2017 l’università di Stanford ha condotto un’indagine basata sull'analisi di tre gruppi di controllo, così costituiti:
Per farla breve e capire meglio come gli autori della ricerca siano giunti alle conclusioni che presenterò tra poco, prendiamo come esempio tra le sei indagini quella inerente il “bullismo a scuola”. Ai tre gruppi sono stati infatti presentati due articoli online (provenienti ciascuno da due siti diversi) che trattavano, in modo diametralmente opposto, il tema delle cause del bullismo in ambito scolastico. I due siti web all’apparenza apparivano entrambi autorevoli: il primo è infatti il sito web dell’American College of Peditricians, mentre il secondo è quello dell’American Academy of Pediatrics. Ho detto poco prima “all’apparenza autorevoli”, perché mentre il secondo è il sito di una delle più grandi organizzazioni professionali al mondo di pediatri (fondata negli Stati Uniti nel 1932), il primo rimanda ad un gruppo di pediatri che nel 2002 ha deciso di separarsi dall’organizzazione-madre sulla base di posizioni ideologiche radicali, supportando posizioni antiabortiste o contro l’adozione di figli da parte di coppie omossessuali (sul loro sito si può leggere infatti che l’associazione riconosce che la “famiglia composta da padre e madre, dentro il contesto del matrimonio, è la condizione ottima per lo sviluppo dell’infanzia” oppure che le punizioni corporali possono “essere efficaci in certe circostanze”). E così, infatti, mentre l’articolo del College si oppone all’idea che ci siano tipologie di studenti a maggior rischio di bullismo, - andando così contro le evidenze raccolte dalla letteratura scientifica sul tema, sulla base anche della motivazione che l’individuazione di queste categorie aprirebbe le porte delle scuole a programmi portati avanti da esperti “politicamente orientati” verso il mondo LGBT ecc. -, l’articolo dell’Academy individua proprio nella presenza di fattori quali l’orientamento sessuale “diverso” o il gruppo etnico di appartenenza i fattori determinanti nel porre a rischio di bullismo i giovani studenti. In conclusione, dall’analisi e dalle valutazioni dei comportamenti dei tre gruppi è emerso che, mentre ogni fact-checker valutava “senza alcuna riserva” il sito dell’Academy of Pediatrics come il più affidabile, gli storici spesso avevano equivocato, esprimendo l’opinione che entrambi fossero autorevoli, mentre la maggioranza degli studenti si affidava al College of Pediatrics. Come spiegare queste differenze di valutazione fra i gruppi, ancora più sorprendenti se ad equivocare erano persone abituate a valutare fonti quali gli storici di professione? Secondo la spiegazione di Sam Wineburg, uno dei ricercatori del paper (e nome ricorrente in questo blog, vedi qui), ci troviamo davanti ad un caso evidente di transfer negativo, come lo chiamano gli psicologi cognitivisti. In altri termini, questi storici hanno importato nel contesto del web strategie di lettura che sono adatte ad un altro dominio. Essi hanno trattato il contenuto digitale come se fosse stampato. Questo è evidente nel fatto che si sono tutti soffermati in modo accademico sulle note e i riferimenti presenti nella sezione ABOUT, in basso alla pagina della home del sito. Dunque gli storici hanno letto verticalmente il web, muovendo i loro occhi su e giù per la pagina, come se fosse una pagina a stampa. Al contrario, i fact checkers hanno letto il web orizzontalmente, lasciando quasi immediatamente la pagina web da analizzare, al fine di cercare informazioni sulla fonte aprendo diverse finestre di ricerca. Questo significa dunque lettura laterale. Tirando le somme, se le competenze di lettura ed esercizio del pensiero critico restano insostituibili, esse non sono abbastanza se non sanno adattarsi ad un nuovo ambiente, che non è quello della pagina stampata, ma quello del mondo digitale. Ed è proprio per questo che Wineburg e gli altri autori hanno messo in piedi il progetto ambizioso del curriculum Civic online reasoning, in cui docenti e studenti mettono in atto le strategie della lettura laterale per valutare correttamente il web. Civic online reasoning offre dunque interessanti attività didattiche a cui l'insegnante può accedere gratuitamente, attraverso la semplice iscrizione al portale. Alla base di questo progetto, c'è poi anche fondamentalmente una sorta di insoddisfazione nei confronti delle strategie didattiche finora in uso. Difatti, le molte checklists che i docenti propongono ai propri studenti per valutare l'affidabilità dei siti web (tra le quali il più noto è il cosiddetto CRAAP TEST), oltre ad essere irrealistiche, nella loro pretesa che ogni studente compili lunghi elenchi di domande per ogni sito web ignoto che incontra, portano anche a concentrarsi su "aspetti esteriori" o irrilevanti della pagina web (come ad esempio il dominio web o la semplice presenza di riferimenti link a pie' di pagina). Al contrario, questo curriculum della Stanford University abitua lo studente ad interrogarsi continuamente su chi c'è dietro un'informazione online, qual è il suo punto di vista e quali conflitti di interesse potrebbe avere nel riportare le sue informazioni. Niente di così trascendentale, in fin dei conti, se non nel fatto che si tratta di uno dei primi curricula scolastici a livello mondiale che educa in modo organico e sistematico alla fruizione delle informazioni che circolano nel mondo digitale.
2 Comments
Paolo Aghemo
13/4/2021 22:43:34
concordo pienamente nella tua disamina, spero si riesca ad ampliare la platea. Bravo Eros
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Eros Grossi
14/4/2021 14:38:04
Grazie Paolo
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BENVENUTI!Mi chiamo Eros Grossi. Dal 2004 sono un insegnante di Lettere presso i licei di Roma e provincia. Questo è il mio blog: nato per condividere fuori dall'aula il lavoro che svolgo tutti i giorni in classe. Archivi
Ottobre 2022
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